21 gennaio 2013

Le mie ricette - Carciofi alla giudìa con contaminazioni romane



Oggi parliamo di carciofi e, nello specifico, della mammola romana, varietà d'obbligo per la preparazione dei carciofi alla giudìa.

I carciofi alla giudìa, per i non romani e per chi, comunque, non li conoscesse, sono un piatto della tradizione ebraica, forse il più famoso. Sono, di fatto, dei carciofi in purezza (pensavate di esservi liberati di questo termine ? Errore), visto che prevedono la cottura in olio bollente, una doppia cottura, con la sola aggiunta di sale e pepe.

L'altra cosa che li caratterizza, e che impone l'uso della mammola, è la loro forma, che assomiglia ad un fiore aperto, i cui petali sono, appunto, le foglie del carciofo, forma che non sarebbe ottenibile con una differente varietà di carciofo. La mammola, lo ricordo è un carciofo di forma sferica, con moltissime foglie, più tenere di quelle di altri tipi di carciofo.

I carciofi alla giudìa sono buonissimi, ma come sapete questo Blog è anche luogo di sperimentazione, per cui mi sono lanciato in una delle mie contaminazioni, servendo il carciofo alla giudìa con una crema al pecorino romano e mentuccia, creando una sorta di connessione tra la preparazione ebraica e quella romana, che prevede appunto i carciofi cotti con la mentuccia. Il pecorino romano, infine, chiude il cerchio della tradizione.

Ingredienti (per 6 persone)
  1. Sei carciofi romaneschi (mammole)
  2. 100 ml di panna fresca
  3. 20 grammi di pecorino romano grattugiato
  4. Una ventine di foglie di mentuccia (detta anche menta romana)
  5. Olio per friggere (oliva o arachide)
  6. Sale e pepe

Premetto subito che la preparazione dei carciofi alla giudìa segue un disciplinare piuttosto rigoroso, per cui qui niente di nuovo e mi limiterò quindi a riportare il modo in cui io li preparo.

Altro elemento fondamentale e la corretta pulizia dei carciofi, che suggerisco di farvi da voi, visto che quelli che trovate già puliti sono spesso pensati per altre preparazioni.

Quindi, seguite rigorosamente la teoria e ammirerete un carciofo pulito a regola d'arte e pronto per essere immolato alla tradizione. Tenete presente, che per servirli come in foto, dovrete comunque eliminare il gambo, decisione traumatica, ma necessaria.

Se non li volete cuocere subito, mettete i carciofi puliti in una bacinella piena d'acqua, leggermente acidulata con il succo di mezzo limone (mettete nella bacinella anche il mezzo limone spremuto).

Prendete una padella per friggere - personalmente consiglio l'uso di un wok o di una padella con il fondo convesso - metteteci abbondante olio per friggere e portatela sul fuoco.

Piccola nota a margine: qualche volta si legge di mettere una quantità d'olio tale che i carciofi ne siano completamente immersi. Questa indicazione è quantomeno fuorviante, dato che i carciofi galleggiano nell'olio e, quindi, non ne saranno mai sommersi. Usate abbondante olio, quindi, per ridurre il calo di temperatura nel momento in cui unirete i carciofi e per poterli cuocere da entrambi i lati senza che questi tocchino il fondo della padella.

Bene, dopo la fastidiosa lezioncina, e tanto che l'olio si scalda - dovrà raggiungere una temperatura di circa 150° - scolate i carciofi ed asciugateli per benino, facendo uscire l'acqua che si sarà insinuata tra le foglie (ovviamente, se non avete messo i carciofi a bagno, saltate allegramente questo passo).

Quando l'olio è a temperatura, unite i carciofi - valutate quanti cuocerne insieme in base alla dimensione della padella - e fateli cuocere, girandoli a metà cottura, per circa una decina di minuti, e comunque fino a quando i carciofi si saranno inteneriti - verificate con una forchetta infilandola alla base del fiore - ma non saranno diventati troppo morbidi, altrimenti le foglie rischierebbero di staccarsi.

Le foglie, a fine cottura, dovranno aver assunto un bella doratura, ma non ancora quella definitiva, che sarà invece raggiunta con la seconda fase della cottura.

Mettete i carciofi su un piatto, dove avrete messo qualche foglio di carta da cucina o per frittura, con le foglie rivolte verso il basso, in modo che l'olio in eccesso possa uscir fuori.

Dopo un paio di minuti girateli, in modo che il fiore sia rivolto verso l'alto, salateli e pepateli e lasciateli ancora una decina di minuti ad insaporirsi.

Tanto che il carciofi sono lì, a riposarsi, preparate la crema di pecorino e mentuccia, mettendo la panna in un pentolino e portandola sul fuoco, a fiamma bassa.

Quando la panna è calda, unite il pecorino romano grattugiato e la mentuccia, che avrete prima tritato piuttosto finemente con il coltello.

Usando una piccola frusta, amalgamate il tutto, in modo che il pecorino si sciolga, poi portate la panna a bollore leggero, che manterrete per un paio di minuti, poi spegnete e fate intiepidire la crema, girando ogni tanto per rompere la pellicola che si formerà in superficie.

Bene, siete pronti per la seconda parte della cottura, per la quale riporterete la padella con l'olio sul fuoco, questa volta scaldandolo fino a 170°.

Quando l'olio è alla giusta temperatura, prendete i carciofi e, su ciascuno, usando le dita della mano, come se doveste schizzare qualcuno, fate cadere qualche goccia d'acqua fredda sulle sue foglie, poi immergetelo rapidamente nell'olio bollente.

Fate friggere i carciofi giusto per un paio di minuti e solo dal lato delle foglie, in modo che queste raggiungano la doratura perfetta, per la quale vale solamente il vostro colpo d'occhio.

Scolate i carciofi dal loro olio, metteteli nuovamente su un piatto con la solita carta assorbente, giusto il tempo di eliminare l'olio in eccesso, poi impiattateli, distribuendo sopra di essi, sulle foglie, un po' della crema di pecorino e mentuccia, senza eccedere, dato che il suo ruolo è solo quello di completare il piatto e non di ricoprirne il sapore.

Date una leggera macinata di pepe nero, se volete un giro d'olio extravergine a crudo, poi portate in tavola e degustate, narrando ai vostri ospiti la storia, la tradizione e la tecnica dei carciofi alla giudìa.

Nessun commento:

Posta un commento